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Fibre muscolari: basi fisiologiche nell’allenamento della forza
Per comprendere le basi fisiologiche nell’allenamento della forza è necessario avere una visione d’insieme di quello che è il funzionamento del sistema neuromuscolare. La capacità di contrarre in maniera volontaria un numero più o meno grande di distretti muscolari richiede la conversione di impulsi nervosi originati a livello della corteccia motoria primaria in un potenziale […]
Per comprendere le basi fisiologiche nell’allenamento della forza è necessario avere una visione d’insieme di quello che è il funzionamento del sistema neuromuscolare. La capacità di contrarre in maniera volontaria un numero più o meno grande di distretti muscolari richiede la conversione di impulsi nervosi originati a livello della corteccia motoria primaria in un potenziale d’azione.
A livello della fibra muscolare, il potenziale d’azione innesca un cambiamento nella permeabilità della membrana cellulare tale per cui la fibra muscolare viene impregnata di ioni calcio (Ca++).
I filamenti di actina e miosina sono così liberi di interagire, idrolizzando ATP a una velocità compatibile con quella che è la capacità funzionale di ciascuna cellula muscolare.
È infatti possibile distinguere due tipologie di fibre muscolari, ciascuna delle quali presenta un isoforma di miosina diversa. Fibre muscolari a contrazione lenta o slow-twitch sono caratterizzate da catene miosiniche pesanti o myosin heavy chain di tipo beta (beta-MHC) la cui capacità di idrolizzare ATP è relativamente ridotta. Si tratta di fibre muscolari a bassa velocità di contrazione e quindi non particolarmente adatte a esprimere elevati livelli di tensione muscolare.
Purtuttavia, un corredo enzimatico di tipo ossidativo e una concentrazione relativamente alta di mitocondri e mioglobina, fa sì che fibre muscolari a scossa lenta siano particolarmente resistenti alla fatica. Fibre muscolari di tipo I posseggono una più alta concentrazione a livello citoplasmatico di enzimi e organelli deputati al metabolismo ossidativo di carboidrati e grassi e sono quindi contraddistinte da un metabolismo di tipo aerobico ossidativo o slow oxidative (SO).
Fibre muscolari a contrazione rapida o fast-twitch sono caratterizzate invece da catene miosiniche pesanti di tipo II (MHC IIa-b) la cui capacità di idrolizzare ATP è significativamente superiore. Si tratta di fibre muscolari ad alta velocità di contrazione in grado di produrre elevati livelli di tensione muscolare.
Purtuttavia, un corredo enzimatico di tipo glicolitico ossidativo e una concentrazione relativamente bassa di mitocondri e mioglobina, fa sì che fibre muscolari a scossa rapida non siano particolarmente resistenti alla fatica.
Le fibre muscolari di tipo II si distinguono a loro volta in fibre di tipo 2x, o intermedie, le quali possiedono un metabolismo di tipo prevalentemente glicolitico-ossidativo o fast glycolytic oxidative (FGO), e fibre muscolari di tipo IIb le quali possiedono invece un metabolismo di tipo anaerobico-glicolitico o fast glycolytic (FG).
Ciascuna unità motoria è formata da un numero assai variabile di fibre muscolari, controllate da un unico motoneurone alfa. Dalle poche decine di fibre muscolari, come nel caso di muscoli deputati al controllo di movimenti fini che richiedono un elevato livello di coordinazione, ad alcune migliaia come nel caso di muscoli deputati al controllo di movimenti grezzi che richiedono un elevato livello di forza muscolare.
Motoneuroni alfa di dimensioni maggiori fanno capo a unità motorie con una popolazione composta esclusivamente da fibre muscolari a contrazione rapida, mentre motoneuroni alfa di dimensioni inferiori fanno capo a unità motorie con una popolazione composta esclusivamente da fibre muscolari a contrazione lenta.
Maggiore è la dimensione del motoneurone e maggiore sarà la soglia di attivazione di unità motoria, ossia lo stimolo minimo necessario a sostenere un livello di contrazione apprezzabile.
Secondo la legge di Henneman o size principle contrazioni muscolari di intensità progressivamente crescente richiedono il reclutamento di un numero maggiore di fibre muscolari, coinvolgendo una percentuale maggiore di fibre fast twitch o a scossa rapida all’aumentare del carico di lavoro.
Sebbene si tratti di un principio il cui valore è indiscutibile in sforzi di tipo continuo e relativamente ininterrotto di intensità progressivamente crescente, in attività di tipo balistico-esplosivo, ossia attività di breve durata, esplosive e di natura per lo più intermittente, fibre muscolari a scossa rapida vengono reclutate in maniera preferenziale e pressoché istantanea.
La capacità di reclutare un numero elevato di unità motorie in un intervallo di tempo estremamente ridotto, così come la percentuale relativa di fibre muscolari di tipo rapido e la loro dimensione, rappresentano quindi fattori in grado di determinare i livelli di forza espressi in contrazioni muscolari di tipo volontario.
Esistono due principali meccanismi attraverso i quali il sistema nervoso centrale è in grado di regolare l’espressione di forza in contrazioni muscolari di tipo volontario.
- Un primo meccanismo si esprime attraverso il reclutamento di un numero crescente di fibre muscolari, un fenomeno noto come reclutamento spaziale.
- Un secondo meccanismo si esprime invece attraverso il reclutamento di un numero maggiore di fibre muscolari per unità di tempo, un fenomeno noto come reclutamento temporale. Reclutamento spaziale e reclutamento temporale sono meccanismi complementari e sinergici in grado di regolare i processi di coordinazione intramuscolare.
In maniera del tutto simile, fenomeni di coordinazione intermuscolare, facilitano il reclutamento simultaneo di distretti muscolari sinergici, aumentando in maniera significativa il numero di unità motorie coinvolte in un determinato movimento.
Coordinazione intramuscolare e coordinazione intermuscolare sono meccanismi attraverso i quali è possibile aumentare i livelli di forza espressi in contrazioni muscolari di tipo volontario, e dipendono in maniera esclusiva da quelle che sono le proprietà funzionali del sistema neuromuscolare (fattori neurogeni).
È possibile misurare i processi di reclutamento e coordinazione intramuscolare grazie all’uso di un elettromiografo (EMG), uno strumento in grado di registrare l’impulso nervoso condotto attraverso un muscolo quantificando l’intensità e la frequenza. In uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Applied Physiology nel 2002, Aagaard e colleghi hanno studiato quelli che sono i principali fenomeni adattativi a carico del sistema neuromuscolare in risposta a 14 settimane di allenamento della forza.
15 soggetti maschi di età compresa tra i 19 ed i 25 anni sono stati sottoposti a 3 sedute settimanali di allenamento della forza, con esercizi base e complementari per gli arti inferiori eseguiti con carichi compresi tra il 70% e il 90% del massimale. Con l’uso di un dinamometro sono stati misurati indici di forza statica e forza dinamica per intervalli di tempo compresi tra 0 e 200 millisecondi mentre un elettromiografo ha registrato cambiamenti nel pattern di reclutamento muscolare a livello del quadricipite.
Nel corso di 14 settimane i livelli di forza massima isometrica sono aumentati da 291.1 ± 9.8 N·m a 339.0 ± 10.2 N·m (+15.3%) mentre i livelli di forza e velocità di contrazione muscolare sono aumentati, di media, del 17.5% a fronte di un incremento dell’ampiezza e nell’intensità del segnale EMG compreso tra il 31.5% ed il 124.5%.
Interessante notare come la capacità di impulso, definita come il prodotto algebrico di forza muscolare e tempo di applicazione della forza, sia aumentata in maniera particolarmente importante nell’intervallo di tempo compreso tra 100 e 200 millisecondi, confermando come di fatto sia questo l’intervallo di tempo più adatto a esprimere livelli di forza e velocità di contrazione muscolare ottimali.
Al contrario, laddove fosse necessario ottimizzare il numero numero di fibre muscolari reclutate per produrre livelli di forza massimali, studi hanno dimostrato siano necessari tempi della durata superiore ai 300 millisecondi. Si parla in questo caso di una contrazione tetanica, ossia di una contrazione muscolare di intensità massimale.
Coordinazione intermuscolare e intramuscolare richiedono il coinvolgimento attivo di un numero elevato di strutture a livello del sistema nervoso centrale e periferico, tanto a livello della corteccia motoria primaria, quanto a livello dei centri di controllo sottocorticali. Meccanismi riflessi contribuiscono ad aumentare la forza di contrazione muscolare in azioni di tipo rapido ed esplosivo per le quali è necessario produrre elevati livelli di tensione muscolari in tempi estremamente ridotti.
Esistono due meccanismi riflessi di particolare importanza nell’ambito dell’allenamento della forza: il riflesso di stiramento miotatico e il riflesso di inibizione reciproca.
Il riflesso di stiramento miotatico viene indotto laddove i fusi neuromuscolari, organi propriocettivi il cui compito è quello di registrare rapide variazioni di lunghezza a livello della fibra muscolare, vengano sottoposti a un rapido stiramento. Si tratta di un meccanismo riflesso in grado di aumentare forza e velocità di contrazione muscolare, facilitando l’azione della muscolatura agonista.
Il riflesso di inibizione reciproca interviene invece per regolare l’azione della muscolatura antagonista, limitandone l’intervento durante azioni di tipo balistico-esplosivo in modo tale da facilitare azioni muscolari rapide e violente.
Riflesso di stiramento miotatico e riflesso di inibizione reciproca contribuiscono a regolare la sequenza di attivazione a livello della muscolatura agonista e antagonista, facilitando il reclutamento della muscolatura impegnata in azioni di tipo concentrico-esplosivo (antagonista) e limitando l’azione eccentrica della muscolatura antagonista che andrebbe a rallentare il movimento compromettendo i livelli di potenza espressi.
Ciascuna unità motoria è formata da fibre muscolari identiche dal punto di vista metabolico e funzionale. Purtuttavia, ciascun muscolo è formato da unità motorie diverse con una percentuale variabile di fibre muscolari di tipo I, IIx e IIb.
Distretti muscolari profondi la cui funzione è prevalentemente posturale (muscolatura tonica) presentano una percentuale superiore di fibre muscolari a contrazione lenta, mentre distretti muscolari più superficiali deputati al movimento (muscolatura fasica) presentano una più alta percentuale di fibre a contrazione rapida.
Sebbene il numero e la distribuzione percentuali di fibre muscolari sia determinata da quello che il corredo genetico di un individuo, la dimensione di ciascuna fibra muscolare cambia con l’allenamento. Si definisce ipertrofico un muscolo la cui sezione trasversa aumenta come conseguenza di un numero maggiore di filamenti di actina e miosina all’interno di ciascun sarcomero.
La forza di contrazione muscolare si misura in Newton per centimetro quadrato (30-40 N∙cm2) ed è pari a circa 4-6 piconewton (pN) per ponte trasverso.
Di conseguenza, all’aumentare del numero di filamenti di actina e miosina aumenta l’espressione di forza prodotta in contrazioni di tipo massimale.
La capacità di un muscolo di esprimere elevati livelli di forza muscolare dipende dunque dalle dimensioni muscolo stesso, una grandezza normalmente espressa in laboratorio in termini di sezione muscolare trasversa o cross-sectional area (CSA) e normalmente quantificata in ambito pratico in termini di massa magra o lean body mass.
Un adattamento di tipo ipertrofico, ossia un aumento dei filamenti contrattili all’interno di ciascuna fibra muscolare, è quindi in grado di aumentare i livelli di forza espressi in contrazioni di tipo volontario (fattori miogenici).
È necessario tuttavia distinguere tra ipertrofia di tipo funzionale o miofibrillare e ipertrofia non-funzionale o sarcoplasmatica.
Con il termine ipertrofia funzionale si fa riferimento a un incremento della sezione trasversa di un muscolo dovuto a un aumento della componente contrattile.
Si tratta di una risposta adattativa che aumenta in maniera importante la forza muscolare.
Con il termine ipertrofia non-funzionale si fa invece riferimento a un incremento della sezione trasversa di un muscolo dovuto a un aumento della ritenzione idrica intracellulare e delle scorte di glicogeno e trigliceridi intramuscolari.
Si tratta di una risposta adattativa che va ad aumentare in maniera significativa la sezione trasversa di un muscolo senza tuttavia produrre alcun guadagno apprezzabile in termini di forza.
In un studio pubblicato sulla rivista scientifica European Journal of Applied Physiology nel 2003, un gruppo di ricercatori tra cui WIlliam Kraemer e Keijo Hakkinen hanno approfondito quelli che sono i principali cambiamenti a livello funzionale e strutturale a carico del sistema neuromuscolare nell’arco di 21 settimane durante le quali 16 soggetti maschi sono stati sottoposti a due sedute settimanali di allenamento della forza.
Soggetti esperti hanno dimostrato un incremento pari al 4% nei livelli di forza massima isometrica e pari al 7% nei livelli di forza massima dinamica senza alcun cambiamento a livello di massa muscolare laddove invece soggetti con meno anni di esperienza hanno ottenuto guadagni di forza muscolare pari al 20% a fronte di un incremento di massa muscolare del 5.6%.
Purtuttavia, il rapporto forza-sezione trasversa è aumentando in maniera relativamente simile tra i due gruppi confermando come, di fatto, cambiamenti a livello strutturale (ipertrofia) siano subordinati a cambiamenti di tipo funzionale.
Mezzi e metodi di allenamento della forza inducono, in primo luogo, cambiamenti a livello funzionale a carico del sistema nervoso centrale. Nelle prime quattro-sei settimane di allenamento con sovraccarichi è possibile osservare un notevole miglioramento a livello di coordinazione intermuscolare e intramuscolare e un relativo aumento dei livelli di forza muscolare prodotti.
Successivamente, tra le otto e le dodici settimane di allenamento è possibile osservare cambiamenti a livello strutturale, e in modo particolare, è possibile osservare cambiamenti a livello di composizione corporea con un aumento di massa magra o fat free mass (FFM).
Si tratta di un aumento di massa muscolare per lo più dovuto a un aumento della componente contrattile e che di fatto risulta in livelli maggiori di densità muscolare (numero di miofibrille per volume di citoplasma) a discapito di incrementi modesti a livello di peso corporeo.
Si tratta, in questo caso, di una risposta ipertrofica secondaria, la cui espressione è subordinata all’uso di mezzi e metodi di allenamento della forza.
Cambiamenti funzionali e strutturali tendono a manifestarsi nei primi anni di allenamento con sovraccarichi, e rispecchiano cambiamenti in quelli che sono gli indici di forza massima isometrica o forza massima statica.
A patto che la massa muscolare di un atleta non cambi in maniera significativa, un fenomeno giustificabile a fronte di una crescita ponderale dovuta ai fisiologici processi di maturazione che si verificano nel passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta o a fronte di un periodo più o meno lungo di allenamento per l’ipertrofia, la forza massima isometrica tende a raggiungere un punto di stallo dopo un periodo di tempo compreso tra i due e i quattro anni di allenamento.
Forza massima dinamica, forza esplosiva e forza rapida continuano tuttavia ad aumentare nel tempo seppure a un passo inferiore, a fronte di un miglioramento a livello di coordinazione generale.
Se e solo se si rendesse necessario andare ad aumentare i livelli di forza muscolare in maniera più incisiva in discipline sportive, nelle quali la forza muscolare riveste un ruolo fondamentale, è invece opportuno aumentare i livelli di massa muscolare mantenendo un rapporto peso-potenza ottimale, in modo da non compromettere il potenziale motorio di un atleta.